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Protezione dei dati dei minori, a cosa dobbiamo stare attenti

Quali sono le sfide da affrontare per la tutela dei minori su contenuti, piattaforme vietate e intelligenza artificiale

di Redazione Benessere Digitale

“Il lavoro che si sta svolgendo con i Patti Digitali può essere un esempio che può insegnare alle istituzioni come fare di più, e meglio sulla tutela dei minori nel mondo digitale”. Sono le parole di Guido Scorza, giornalista, avvocato, dottore di ricerca in Informatica Giuridica, docente in diversi atenei e componente del collegio del Garante per la Protezione dei Dati Personali (meglio conosciuto come Garante della Privacy), che ha partecipato al primo meeting dei Patti Digitali del 13 ottobre 2023 a Milano, presso la sede dell’università Milano Bicocca.

L’intervento del professor Scorza è stato l’occasione per capire quali sono le sfide che abbiamo di fronte per la tutela dei minori in relazione ai dati sensibili, ai contenuti più controversi, alle piattaforme vietate e al cambiamento che stanno introducendo i software di intelligenza artificiale. Si tratta di sfide che investono soprattuto il campo dell’educazione.

Protezione dei dati e Garante della Privacy

L’istituzione del Garante della Privacy è impegnata sul fronte della protezione dei dati, in relazione alle ultime frontiere della tecnologia digitale come gli strumenti per l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (ad esempio Chat GPT) e il loro impatto sulla protezione dei dati dei minori.

Durante l’evento che ha radunato la comunità dei Patti Digitali e le istituzioni nazionali, la protezione dei dati dei minori è stata una delle tematiche principali.
L’avvocato Scorza esprime un parere molto netto sull’argomento, parlando della pratica quotidiana e delle sue conseguenze sui più piccoli:
“Il punto di attacco dell’attività del Garante è dato dalla circostanza che i più piccoli pagano letteralmente la loro presenza online con i loro dati personali”, spiega, “Dalla visione di un cartone animato ai videogame, dalle chat alle condivisioni dei video con gli amici, si tratta di attività che appaiono gratuite ma che in realtà sono per loro onerose. Anzi, onerosissime, sia per il loro presente che per il loro futuro, sia nella dimensione economica che in quella personale”.

Cosa possiamo fare per la protezione dei minori?

Se i ragazzi pagano la possibilità di accedere ai servizi digitali lasciando alle piattaforme i loro dati personali, non si rendono conto, continua Scorza, che “dall’altra parte dello schermo c’è qualcuno, o meglio qualcosa, che li osserva, li conosce e li espropria dei dati che compongono la loro identità personale”.

Su questo si sta concentrando una parte del lavoro del Garante della Privacy, come su altri aspetti che coinvolgono i minori: il cyberbullismo e il revenge porn.
Perché queste attività si rivelino davvero efficaci, prosegue Scorza, è importante fare in modo che le istituzioni lavorino all’interno di un sistema integrato, che preveda il Garante per la Privacy, AGCOM, il Garante per l’Infanzia, la Polizia Postale e l’autorità giudiziaria.
“Ma soprattutto”, continua Scorza, “serve uno stretto contatto con i genitori, la scuola, la famiglia, la comunità, con l’obiettivo di definire gli strumenti per la tutela e dei minori e del loro benessere. Per non lasciare soli i bambini e ragazzi“.

Il video dell’intervento di Guido Scorza durante la giornata aperta al pubblico del primo meeting dei Patti Digitali:

Contenuti vietati ai minori e ruolo dei genitori

Se Massimiliano Capitanio, Commissario AGCOM, nel suo intervento ai Patti Digitali ha racontato del lavoro del Garante per le Comunicazioni che ha portato alle nuove norme sul Parental Control in vigore dal 21 novembre 2023 rispetto agli operatori del mondo del digitale, Guido Scorza ha puntato l’attenzione sull’importanza della collaborazione fra le istituzioni nell’affrontare i rapidi cambiamenti in atto generati dalle nuove tecnologie.

Riferendosi ai divieti di accesso ad alcune piattaforme social verso i minori di 13 anni (non sempre rispettati da parte dei minori stessi e dai loro genitori), Scorza spiega che “Dobbiamo cercare di rendere consapevole questo scambio utilità-dati fra i minori e i servizi digitali. Dobbiamo attrezzare i bambini a vivere negli ambienti digitali”.

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Chi, pur non avendo l’età giusta, accede a piattaforme vietate, non può avere garanzie di trovarsi in un ambiente disegnato ad hoc. La responsabilità appartiene quindi in parte anche alle istituzioni e alle famiglie: le prime hanno il compito di rafforzare le norme sui controlli e la tutela, le seconde non devono allentare l’attenzione sui più piccoli e sulle regole di ogni piattaforma.

“Dobbiamo accettare l’idea che non tutto è per tutti. Non si tratta di paura della tecnologia, ma di consapevolezza dell’esistenza di tecnologie dedicate a diverse fasce di pubblico: alcuni contenuti non possono stare nelle mani di un minore”.

Responsabilità delle piattaforme nella protezione dati

Chi è responsabile in questi casi? Guido Scorza spiega che “La responsabilità è condivisa, a partire dal mercato, che sacrifica il benessere dei minori in favore del profitto”. Un problema che diventa di grande evidenza e gravità dal momento che in Internet un utente su 3 è minore, spiega Scorza. Significa “oltre un miliardo di persone che genera profitti per le piattaforme”.

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Abbiamo visto come alcune ricerche evidenziano uno stretto legame fra salute mentale e uso improprio dei social media.
Ma le piattaforme non fanno abbastanza per tenere i minori di 13 anni fuori dal loro perimetro, dichiara Scorza. “Questo perché non conviene nella dimensione economica diretta, né in quella indiretta: mettere in piedi soluzioni e servizi che limitino gli accessi dei più piccoli alle piattaforme significa per loro rendere più farraginoso l’accesso anche agli altri utenti”.

Intelligenza Artificiale, una questione educativa

Guido Scorza pone l’attenzione su un’altra questione chiave da affrontare nell’ambito della protezione dei dati: l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sui minori. Un tema che è prettamente educativo.

“Oggi si stanno addestrando sempre di più gli algoritmi a conoscere le persone, ma dobbiamo anche educare le persone a conoscere gli algoritmi. Sarà un bel problema per il futuro. Non ho timore della AI. ma ho la certezza che strumenti così potenti, posti nelle mani di minorenni che non ne conoscono le potenzialità e le dinamiche di funzionamento, possono essere pericolosi”.

L’avvocato Scorza spiega che, se con i programmi di AI si possono creare in casa video falsi con protagonisti dei compagni di classe che commettono efferatezze, è il caso di rafforzare gli investimenti nell’educazione di bambini e adolescenti, sulle logiche di funzionamento degli algoritmi.

Fare correttamente media education in famiglia (tema a cui contribuisce un progetto come quello di EYES UP) significa anche paragonare la AI a uno strumento come un monopattino, di cui dobbiamo conoscere velocità, comandi e pericoli prima di affidarlo a un figlio:
“La AI non è meno pericolosa di un monopattino: se non la trattassimo analizzando i rischi faremmo un torto alle nostre intelligenze e alla salute dei più piccoli”.
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