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Smartphone, social media e salute mentale: cosa sta succedendo ai giovani a partire dal 2010

Un nuovo studio spiega come il benessere degli adolescenti si sia aggravata dal 2010 in poi, anno dell’esplosione dei social network

di Stefania Garassini

Il peggioramento della salute mentale dei giovani, riscontrato ormai in numerosi Paesi è un dato difficilmente contestabile. Se le cause sono ancora da individuare con chiarezza, sempre più ricerche confermano il ruolo dell’utilizzo dei social media nell’aver aggravato la situazione. In particolare dal 2010, anno cruciale nella esplosione dell’utilizzo dei device digitali in funzione dei social network.
Ci sono però alcune strategie che aiutano a gestire l’impatto del digitale su preadolescenti e adolescenti: scopriamo quali.

Lo studio su smartphone, social media e salute mentale

Uno studio di Sapien Labs, uscito di recente, mette in relazione l’età d’arrivo del primo smartphone con lo stato di salute mentale dei giovani adulti, che si abbasserebbe in concomitanza con il possesso precoce di un device collegato a Internet.
Sapien Labs è un’organizzazione no profit che ha in corso un’indagine globale sulla salute mentale con quasi un milione di partecipanti (Il Global Mind Project); di recente ha diffuso un report specifico su una domanda proposta nel gennaio 2023 a un campione ampio di giovani adulti (di età compresa tra i 18 e i 24 anni): “A che età hai avuto uno smartphone o un tablet con accesso a internet da usare ovunque in autonomia?”.

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Quello che è emerso dall’indagine è che più bassa è l’età in cui si acquista il primo smartphone, peggiore è lo stato di salute mentale dichiarata oggi. Questo è vero in tutte le regioni studiate (il sondaggio è proposto in inglese, spagnolo, francese, tedesco, portoghese, arabo, hindi e swahili) e le correlazioni sono sempre più forti per le donne.

Benessere psicologico in calo dal 2010

Il cambiamento è piuttosto rilevante. Lo psicologo Jonathan Haidt in un suo articolo di commento ai dati spiega che, analizzando i trend degli ultimi anni, in diversi Paesi si osserva un calo dell’indice medio di soddisfazione.
Tutto ha inizio intorno al 2010, che, secondo lo studioso, segna il momento in cui la vita sociale dei ragazzi ha cominciato a essere gestita sempre di più attraverso gli smartphone, e quindi i social media.
Ovviamente, come rileva Haidt, la situazione attuale ha anche altre cause, tuttavia l’influsso (negativo) dei social è difficile da sottovalutare. Può essere soltanto una coincidenza che “la prima generazione globale cresciuta con gli smartphone sia diventata anche la prima generazione globale con un benessere psicologico inferiore a quella precedente?”, si chiede lo studioso.

Prima arriva lo smartphone, più cala la salute mentale

I dati diffusi da Sapien Labs sembrano lasciare poco spazio ai dubbi, in questo senso. L’indice di salute mentale utilizzato nella ricerca prende in considerazione 47 parametri e può contare sulle risposte di 28mila partecipanti, distribuiti in diversi Paesi.
Uno dei primi risultati è proprio la correlazione tra la precocità di età d’arrivo dello smartphone e l’abbassarsi del quoziente di salute mentale (MHQ Mental Health Quotient) nella fascia di età tra i 18 e i 24 anni.

Le differenze di genere

L’andamento è di una crescita piuttosto lineare per le ragazze (che in ogni caso raggiungono un quoziente inferiore rispetto ai maschi), mentre per i ragazzi la curva è più irregolare. Si tratta di una correlazione che quindi, di per sé, non è in grado di stabilire un nesso causale tra i due fenomeni, ma il numero di partecipanti alla ricerca, il dettaglio nella misurazione della salute mentale e il fatto di riscontrare lo stesso andamento in realtà geografiche molto diverse rafforza il valore dei dati.

Preadolescenza e social media: l’età cruciale

In particolare la ricerca di Sapen Labs sembra evidenziare un effetto cumulativo dell’uso dello smartphone per lungo tempo durante l’infanzia, come rileva ancora Haidt. Si rivela cruciale il periodo della preadolescenza (la fascia dai 10 ai 13 anni), suggerendo la necessità di una protezione dall’invadenza dei social media. Se non altro per attenersi a un principio di precauzione.

Consigli per le buone pratiche con i social media

Una conclusione simile è quella cui arriva un rapporto del Surgeon General of the United States, che guida l’Ufficio per la Salute Pubblica americana, che nei giorni scorsi ha diffuso un lungo e dettagliato documento riguardante l’impatto dell’uso dei social network sui giovani.
In attesa di nuove ricerche, un consiglio è rispettare in modo più rigoroso i limiti di età imposti dagli stessi social (che in genere fissano a 13 anni l’età minima per l’accesso). Una scelta che risulta spesso difficile per le famiglie: a questo proposito, nello stesso documento, s’invitano fra l‘altro i genitori a unirsi per impegnarsi a rispettare insieme tali limiti e altre regole sul buon utilizzo della tecnologia.

Sono già diverse, anche in Italia, le iniziative in questo senso. A Milano è in corso un progetto di “Patto Educativo digitale della città”, in collaborazione con l’Università Bicocca, e con l’obiettivo di evidenziare indicazioni e buone prassi per un uso sano del digitale. Esiste poi una rete che riunisce gli ormai numerosi Patti Digitali di comunità tra genitori offrendo supporto e consulenza a chi è interessato ad avviare un’iniziativa simile.

Altre ricerche stanno affrontando il tema, come ad esempio EYES UP, a cura del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università Milano-Bicocca.

Foto: Gustavo Fring / Pexels