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“EYES UP ci aiuta a capirci meglio e a riflettere su come usiamo lo smartphone”

Le opinioni dei 6 mila ragazzi coinvolti nella ricerca nelle scuole: come una semplice domanda ha appassionato e stimolato gli studenti

di Redazione Benessere Digitale

“Attraverso questo questionario ho capito come mi comporto con il mio cellulare e penso che dopo averlo fatto avrò maggiore consapevolezza”.

“È stato piacevole parlare di me stessa in un ambiente in cui non mi capita spesso di farlo”.


“Mi è servito per capire meglio quello che voglio io e capire anche gli altri”.

Sono alcune delle tante frasi scritte dai ragazzi delle scuole lombarde a cui è stato sottoposto il questionario di EYES UP, la ricerca sull’impatto dei dispositivi digitali sulle performance scolastiche.
Il questionario utilizzato per la raccolta dei dati prevedeva una domanda finale ‘aperta‘ in cui i ragazzi potevano rilasciare un commento: sono emerse le loro emozioni e tante opinioni decisamente sorprendenti e interessanti che arricchiscono la ricerca guidata dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università Milano-Bicocca.

EYES UP e le opinioni dei ragazzi delle scuole

La survey, condotta presso 43 scuole e oltre 6 mila ragazzi delle classi seconde e terze delle scuole superiori di secondo grado, è in corso di analisi per il report scientifico finale. Nel frattempo siamo in grado di raccontare i pensieri e le emozioni degli studenti coinvolti: sono loro al centro del progetto di ricerca e sono loro per primi che possono darci indicazioni su come affrontare le conseguenze dell’uso incontrollato dello smartphone, come ‘mettere a terra’ i dati che stanno emergendo dallo studio e come dialogare meglio con i genitori e con la scuola per sostenere il loro benessere digitale.

Ne parliamo con Elisa Angiola, professionista del campo delle ricerche di mercato e sondaggi di opinione. Ha partecipato al team di lavoro di EYES UP per conto dell’associazione Sloworking di Vimercate, occupandosi del coordinamento e della supervisione dell’attività di rilevazione nelle scuole.

Come si svolge il tuo lavoro all’interno del progetto EYES UP?
Con Sloworking abbiamo messo in campo non dei semplici rilevatori ma delle professionalità molto vicine a quella che era la tematica di indagine. Lavoro con due pedagogiste, una neolaureata in comunicazione (con esperienza in corsi di formazione giovanili relativi all’uso del digitale) e una dottoranda che studia la cultura videoludica.
A differenza di altre ricerche e rilevazioni quantitative più classiche, ci siamo date anche l’obiettivo di andare oltre la compilazione del questionario strutturato e di stimolare i ragazzi a far emergere opinioni e indicazioni. È un importante punto di forza di EYES UP, che ci ha permesso di aggiungere un pezzo importante alla pura ricerca scientifica.

Perché è importante anche l’ascolto attivo dei ragazzi?
Un questionario scientifico strutturato ha dietro di sé un percorso di riflessione da parte di un team di ricercatori, allo scopo di raccogliere evidenze. La rilevazione qualitativa offre una prospettiva in più ai dati e ci permette di rilevare anche aspetti che non sono stati inizialmente considerati. Ascoltando i ragazzi al termine della rilevazione e leggendo i loro commenti abbiamo potuto cogliere l’aspetto più emotivo del rapporto che hanno con lo smartphone e i social media.

Come sono state formulate le domande aperte?
È bastata una semplice domanda al termine del questionario, in cui abbiamo chiesto suggerimenti e riflessioni finali in forma anonima, perché si aprisse un mondo. I partecipanti si sono sentiti completamente liberi di poter dire la loro e hanno scritto spontaneamente le loro opinioni, andando ben oltre le semplici impressioni.
Abbiamo ricevuto quasi 2 mila commenti.

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Cosa emerge dalle risposte degli studenti?
Una cosa piuttosto interessante e forse imprevista è la gratitudine. La maggior parte dei ragazzi ha raccontato che, nonostante la lunghezza del questionario, si è trattato di un’occasione per riflettere sul loro approccio nei confronti del digitale.
Diversi ragazzi hanno scritto che grazie al questionario hanno preso consapevolezza di quanto effettivamente stiano utilizzando gli strumenti digitali, e che avrebbero prestato più attenzione al tempo di utilizzo.
Alcuni si sono resi conto di quanto il digitale stia invadendo la loro vita privata. Altri spiegano che il digitale li sta aiutando nella vita quotidiana.

Possiamo dire che un questionario, che per sua natura è neutro e impersonale, è riuscito a far emergere emozioni personali?
Sì, ed è la cosa più sorprendente. Rispondere alle domande si è rivelato per loro un momento di riflessione sulla loro vita. Si è rivelato uno strumento con cui confrontarsi. Ragazzi e ragazze hanno riportato il fatto che spesso non hanno delle figure con cui confrontarsi, che siano genitori, insegnanti o i loro pari. Non solo: loro stessi spiegano di aver paura di confrontarsi con gli altri. Così, la figura inanimata del questionario ha permesso loro di sfogarsi liberamente.
Cè chi ad esempio ha in un certo senso accusato i genitori perché gli permettono di usare poco il cellulare, altri di essere troppo permissivi.

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Cosa altro emerge dall’analisi delle risposte?
Insieme ai rimproveri verso gli adulti, un altro tema interessante quello della speranza per il futuro. Gli studenti interpellati mandano questo messaggio: se voi adulti ci state dicendo che il digitale in qualche modo fa male al rendimento scolastico, allora aiutateci. Come? Raccontando questa ricerca ai genitori e agli insegnanti, affinché possano loro far qualcosa per le nuove generazioni.
Anche per questo tutti sono curiosi di conoscere i risultarti della ricerca, vogliono sapere che cosa hanno detto i loro compagni e compagne.

Quali sono le conclusioni che puoi trarre dalle parole dei ragazzi?
Fra ringraziamenti, curiosità e speranza abbiamo notato un forte senso di ascolto nei ragazzi, cosa che riscontriamo spesso negli interventi all’interno delle scuole con Sloworking, quando ci raccontano che spesso si sentono poco ascoltati.
Il questionario in qualche modo è riuscito a dare loro voce. Uno strumento che serve al ricercatore per raccogliere dei dati, in realtà ha anche una valenza in più.
E raramente ho trovato un così grande entusiasmo per una ricerca e quello che può suggerire all’atto pratico. I ragazzi si aspettano tanto in questo senso, si dichiarano disponibili a altre rilevazioni sul tema.

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Come si può rispondere alla loro richiesta?
EYES UP è un progetto di ricerca scientifica che può arrivare ai ragazzi. Perciò è importante raccontare gli effetti negativi e positivi del digitale senza demonizzarlo, usando un linguaggio fruibile. E condividere i risultati con loro, alimentando le loro riflessioni e il dialogo. Possono dare un grande contributo sulle iniziative da mettere in campo.
Per riuscire a farlo dobbiamo lavorare in collaborazione con le scuole, coinvolgere gli insegnanti e i genitori rendendoli più consapevoli.
È quello che stiamo facendo per la seconda parte del progetto: racconteremo EYES UP coinvolgendo i ragazzi nella realizzazione di un documentario che condivideremo nelle scuole in rete, presso le istituzioni.