Il Centro di Ricerca “Benessere Digitale – insieme a Sloworking – promuove il “Patto di comunità per l’educazione digitale”, modello di gestione collettiva dell’educazione digitale, sperimentato per il momento nel territorio del vimercatese (MB) sulla base di precedenti esperienze in altre parti d’Italia.

Il Patto vuole mettere in rete famiglie, pediatri, scuole e istituzioni del territorio intorno ad una gestione comunitaria dell’arrivo degli smartphone nelle mani dei/lle ragazzi/e.

Il Patto parte da alcune premesse:

  1. La ricerca scientifica ha messo in luce l’esistenza di associazioni negative tra l’uso intensivo dello smartphone e dei social media e il benessere dei preadolescenti. Le statistiche mostrano, inoltre, un progressivo abbassamento dell’età di arrivo dello smartphone, laddove già in prima media la grande maggioranza dei/lle bambini/e  ha a disposizione un dispositivo personale. Studi italiani e internazionali, però, concludono che la precocità di arrivo dello smartphone si associa a minori performance scolastiche, minori competenze digitali e minore benessere nel lungo periodo. Dalle ricerche emerge inoltre che i problemi di adescamenti on-line, cyberbullismo e nuove dipendenze digitali si concentrano e/o prendono avvio nella preadolescenza.
  2. La legge italiana indica i 14 anni come età minima per l’accesso autonomo (creazione di un account personale) alle piattaforme, ad es. quelle dei social media.  I figli sono responsabili penalmente dei propri atti dai 14 anni, ma i genitori mantengono la responsabilità civile per i figli fino a 18 anni, e per questo motivo hanno il dovere di fare tutto il possibile per impedire il compimento di atti illeciti e la dimostrazione dell’assolvimento di tale obbligo è necessaria per evitare una propria responsabilità risarcitoria. Così, la giurisprudenza ha ritenuto che padre e madre sono tenuti per esempio a controllare le chat del figlio, anche se contenute nel suo smartphone personale, al fine di evitare illeciti (https://www.laleggepertutti.it/380116_cosa-rischiano-i-genitori-che-non-controllano-il-telefono-dei-figli; Trib. Caltanissetta, sent. dell’8.10.2019; Cass. sent. n. 19069 del 5.09.2006; Trib. Teramo, sent. del 16.01.2012; Trib. Milano sent. del 16.12.2009; Cass. civ. sez.III 28/09/09 n°18804, costituzione art. 30, art.147 c.c., Cass. civ. sez. III 19/02/2014, n° 3964).
  3. La pandemia legata al COVID-19 ha aumentato il tempo trascorso dai bambini davanti agli schermi, sia quello relativo alle attività scolastiche da remoto sia quello nel tempo libero. Durante i lockdown, il doppio carico di lavoro determinato dallo smart working e dalla presenza in casa dei bambini ha infatti spinto i genitori a ricorrere sempre più di frequente al digitale come strumento di “conciliazione”. Questo ha reso, da un lato, più urgente una presa di consapevolezza da parte delle famiglie; dall’altro ha acuito la sensazione che un’educazione digitale vada pensata insieme, in modo coordinato tra famiglie. 

Alcune precedenti esperienze di coordinamento tra famiglie in questo campo hanno dato buoni frutti. In particolare, il gruppo ha preso ispirazione per la stesura di questi materiali dal “Patto di Comunità per il Benessere Digitale” di Gemona del Friuli, Artegna e Montenars (www.edumediacom.it/patto-comunita-benessere-digitale/).